Il nostro vigneto biologico Ca’ di Fiur è grande poco più di 1 ettaro, vive dagli anni ‘60. Noi lo abbiamo acquistato nel 2018 e da allora ci regala grandi soddisfazioni.
Diversi esperti ci avevano consigliato di abbattere tutte le piante e sostituirle con un vigneto giovane e moderno per lavorare con i mezzi meccanici. Ma noi, inguaribili romantici, abbiamo deciso di mantenere la vigna originale e di optare per una produzione di qualità a discapito della quantità.
Potiamo e vendemmiamo a mano. Per i trattamenti, ridotti al minimo, usiamo prodotti naturali consentiti dalla coltivazione biologica. Per nutrire il terreno utilizziamo la semina del sovescio con piante ricche di sostanze benefiche.
Gestire i campi e la produzione nel rispetto della natura è un valore. Tutte le attività, qui, si fondano su scelte concrete e quotidiane che sostengono il territorio e il Pianeta. La certificazione biologica lo documenta, ma non solo.
Collaboriamo dal 2020 con Matteo Paganelli, esperto del settore che condivide i nostri valori, e che ci aiuta a conoscere la produzione vitivinicola.
Matteo è sommelier, apprendista vignaiolo e wine consultant. Scrive per alcune testate giornalistiche del settore e collabora con alcune aziende locali come noi. Ci accompagna in tutto quello che riguarda la vigna e la vinificazione. La sua esperienza per noi è preziosa.
Gli abbiamo fatto qualche domanda per chiarirci le idee.
Intervista a Matteo Paganelli
1) Quando si parla di vino naturale, cosa si intende?
Il tema “vino naturale” è ancora molto controverso, seppur se ne parli da anni. Questo perché non esiste nessuna legislazione che lo regolamenti. Potremmo definire “vino naturale”, un vino dove gli interventi in fase di vinificazione sono minimi. Ad esempio la fermentazione dovrebbe avvenire in maniera spontanea, grazie ai lieviti naturalmente presenti sulle uve, senza l’aggiunta di ceppi batterici selezionati. Ma non solo in vinificazione, gli interventi devono essere veramente ridotti anche in vigna, e questo lo si può ottenere solo con l’agricoltura biologica/biodinamica.
2) Il Sangiovese Ca’ di Fiur è un vino naturale?
Sì. In vigna le piante vengono curate una a una con potature eseguite nel rispetto delle stesse, il terreno viene arricchito in maniera naturale con la pratica del sovescio, i trattamenti vengono eseguiti con rame e zolfo in quantità minime e la vendemmia è unicamente manuale. In vinificazione non vengono aggiunti additivi chimici se non metabisolfito di potassio (solforosa) che agisce come antiossidante per preservare profumi e aromi del vino. Questo appena descritto è quello che definisco il “kit minimo” di interventi per consentire all’uva (e al vino poi) di svilupparsi in maniera spontanea.
3) Come riconoscere un buon vino?
Questa è una domanda da un milione di euro! Certamente la certificazione biologica è un parametro che aiuta il consumatore a capire che il produttore è impegnato a produrre vino nel totale rispetto dell’ambiente. Ma ciò non basta a definire un vino un “buon vino”. Il mio consiglio è quello di andare a conoscere i produttori. La maggior parte di loro sono disposti ad aprire le loro aziende agricole, visitare i loro vigneti e le loro cantine di vinificazione. Nel mio lavoro di Wine Consultant questo è essenziale perché è solo instaurando un rapporto di fiducia coi vignaioli che posso prendermi la responsabilità di consigliare i loro vini ai miei clienti. Ci metto la faccia.
4) Produrre un vino in modo sostenibile si può?
Certamente. E ci sono tanti fattori che influiscono sulla sostenibilità. A cominciare dalle pratiche agricole, evitando pesticidi e fertilizzanti chimici, proseguendo con il risparmio idrico (la vite non ha bisogno di irrigazione, ha radici profonde che possono attingere da scorte idriche nel terreno) e per finire con un’attenzione al packaging, sia quello primario (scegliendo bottiglie con grammature leggere) e quello secondario (scegliendo materiali di imballaggio privilegiando materiali riciclati o compostabili).
5) Pensi sia attuabile la sostenibilità nel settore vitivinicolo oggi? Come?
Sì, e deve esserlo. I consumatori sono sempre più interessati alla provenienza dei loro prodotti e sono consapevoli dell’impatto ambientale delle loro scelte. E i produttori stanno reagendo adottando tutte le misure possibili per ridurre il loro impatto ambientale e promuovere pratiche sostenibili. Credo che dovrebbero esserci tuttavia più normative atte a incoraggiare o, perché no, richiedere come tassative pratiche più sostenibili. Per innescare il meccanismo si potrebbero attivare specifici incentivi finanziari o fiscali per le aziende che adottano questi approcci sostenibili.
Un ultimo consiglio
Prima di bere, leggi le linee giuda del ministero della salute sul consumo dell’alcool. Noi siamo per godere dei piaceri della vita, ma sempre nel rispetto del benessere di corpo, mente e ambiente.